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Bernetti: “Al Santa Barbara un ambulatorio di prim'ordine per l'impianto ed il controllo delle protesi al ginocchio”
di Giusy Egiziana Munda - giusymunda@nellattesa.it

Il dott. Fabio Bernetti, responsabile del reparto ortopedico della Casa di cura S. Barbara di Gela, ha sempre avuto un'attenzione particolare alla chirurgia del ginocchio. Infatti, oltre il 50% degli interventi chirurgici da lui trattati riguardano la protesi del ginocchio. L'attenzione posta a questo campo della chirurgia da parte del Dott. Bernetti ha consentito al S. Barbara di ottenere il particolare riconoscimento nel 2008 a Dublino - in occasione del 30°anniversario della protesi del ginocchio LCS (la più importante nel mondo) - di "Centro di eccellenza"per aver impiantato, con ottimi risultati, seicento protesi LCS.
La protesi del ginocchio rappresenta una soluzione radicale, definitiva e irreversibile alle forme incurabili dell'artrosi, laddove la medicina, la fisiochinesiterapia, o la terapia infiltrativa (che grande spazio ha preso negli ultimi anni con la tecnica nota come viscosupplementazione) non danno più alcun risultato. E' a questo punto, dunque, che interviene la chirurgia con la sostituzione cartilaginea della superficie articolare, per ridare realmente una funzionalità pressoché normale al ginocchio artrosico. E' da sottolineare l'importanza della parola "irreversibile" perché in essa risiede il vero messaggio per il paziente, ma anche per l'utente che vuole avere maggiori informazioni sulle protesi del ginocchio e, soprattutto, sui risultati funzionali di questo importante intervento chirurgico. Ma dove sta il vero senso dell'irreversibilità dell'impianto di protesi del ginocchio? Il chirurgo ortopedico opera il ginocchio artrosico doloroso ed invalidante con l'intento di ridare al paziente un ginocchio non doloroso e funzionante. Ma, per fare questo, lui asporta legamenti, capsula articolare e cartilagine, seppur non usurata, per impiantare tre componenti: uno femorale, uno tibiale ed un inserto in materiale polietilenico (l'elemento che permette il movimento del ginocchio). Da questo punto in poi non si può più tornare indietro e qui entra in campo il senso del termine "irreversibile", in quanto non è più possibile ricreare i legamenti asportati e rimettere la cartilagine tolta. Fare passare il messaggio fondamentale di questa chirurgia è, dunque, più che necessario perché il paziente comprenda che il ricorso all'intervento di artroprotesi è inevitabile quando la qualità della propria vita è diventata simile a quella di un invalido. Solo allora può decidere di rischiare la demolizione della propria articolazione a favore di un impianto di artroprotesi, che potrebbe non dare il risultato sperato.
E allora a quale chirurgo ci si può affidare? A demolire un'articolazione sono buoni tutti i chirurghi ortopedici, ma a ricostruirla funzionante ed indolente, non sono capaci tutti. Molti, infatti, badano più alle caratteristiche delle protesi, con dei vincoli interni alle stesse, e ad esse affidando la stabilità e la funzionalità del ginocchio, piuttosto che alle componenti anatomiche rimaste, con gravi ripercussioni sulla durata dell'impianto e con la ricomparsa precoce del dolore che comporta, nei casi più gravi, la necessità di sottoporre il paziente ad un altro intervento per la sostituzione dell'artroprotesi.
E' la constatazione di queste problematiche che ha portato il dott. Bernetti alla ricerca della possibile protesi ideale che, come egli stesso afferma, in verità non esiste: una protesi che possa soddisfare i due concetti fondamentali di articolazione artificiale e movimento senza vincoli, senza costrizioni. Tutto questo garantirebbe una maggiore durata della protesi e l'assenza del dolore per il paziente, visto che la libertà di movimento riduce l'usura di una protesi nel tempo. Così è giunto alla convinzione che utilizzare una protesi che abbia una sua mobilità intrinseca e la possibilità di conservare il legamento crociato posteriore sia oggi il meglio che un chirurgo ortopedico possa fare quando impianta un'artroprotesi di ginocchio a prescindere dal sesso e dall'età del paziente. Infatti, se si opera un paziente giovane, bisogna cercare di garantire la maggiore durata e la maggiore mobilità possibili della protesi. Ma, bisogna cercare di garantire un'ottima stabilità protesica e senza vincoli anche quando s'interviene su un paziente anziano o, peggio, su una paziente anziana ed osteoporotica, se non si vuole rischiare che la protesi si scolli rapidamente dall'osso a causa di una scarsa tenuta.
In considerazione di ciò, il dott. Bernetti ha impiantato da sempre protesi LCS Depuy (la prima protesi a menischi mobili progettata più di 30 anni fa e ancora oggi considerata il Gold standard nella chirurgia protesica del ginocchio) a tutti i pazienti, senza alcuna differenza di età e sesso, con risultati veramente soddisfacenti, come documentato dal registro protesico di cui la Casa di cura Santa Barbara si è provvista da anni e che rappresenta un vero passo avanti nella ricerca della qualità dei risultati ottenuti. Tutti i pazienti,infatti,sono registrati e controllati periodicamente al fine di valutare e validare la sopravvivenza dell'impianto protesico, ma anche per seguire con maggior attenzione gli impianti dolorosi per prevenire possibili complicazioni nel tempo se lasciati a se stessi.
"Credo che, per avere l'appellativo di Centro di eccellenza, non basti dire di fare 200 o 300 e più protesi all'anno", sostiene il Dott. Bernetti, "ma sia più importante riuscire ad impiantarne tante quante si sia in grado di seguire nel tempo, effettuando gratuitamente i controlli periodici e garantendo al paziente un "effetto protezione" dell'impianto nel tempo. Sotto questo profilo ringrazio la proprietà della Casa di cura Santa Barbara che, non solo non mi ha ostacolato,ma, anzi, mi ha appoggiato nella creazione di un ambulatorio dedicato alla raccolta dati delle protesi che mi stimola ogni giorno a confrontarmi con gli altri per migliorami".

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