pagina 6 - psicologia
Ustioni, le vere cicatrici sono quelle dell’anima
di Angela Ganci - Psicologa psicoterapeuta -

La pelle è l’organo più esteso del nostro organismo, una “barriera di contatto” che, se da un lato, protegge gli organi interni e li isola dall’esterno, dall’altro ci mette a contatto con il mondo, a livello sensoriale e affettivo. 
Per queste sue importanti funzioni la perdita grave di vaste aree di pelle porta a conseguenze spesso mortali; è il caso delle ustioni e di tutte quelle conseguenze fisiche e psicologiche derivanti dall’offesa infertale da bruciature di varia estensione e intensità. “La prima conseguenza delle ustioni di secondo grado profondo e terzo è che il soggetto è in pericolo di vita – spiega Claudia Pelaia, psicoterapeuta da anni impegnata al Centro Ustioni dell’ospedale Civico di Palermo -. Il rischio dipende dalla percentuale di pelle coinvolta e, quando questa supera il 50%, crescono le probabilità di infezioni mortali”. Una lotta per la sopravvivenza dove la sofferenza è vita quotidiana, dove la persona e la famiglia devono affrontare un dolore che è insieme fisico e psicologico. “Il ricovero in un reparto di terapia intensiva segna l’inizio di un’attesa, lunga e stancante sia fisicamente che emotivamente, sia per la famiglia che per il paziente – continua Pelaia – E’ l’inizio di un dolore fisico, con medicazioni dolorose e sanguinanti, ma essenziali per eliminare le cellule morte, e di uno psicologico perché, per evitare il pericolo di infezioni, ai familiari non è consentito che osservare (e sperare) al di là di un vetro i progressi del proprio caro. Un conforto, un contatto umano e un senso di familiarità che vengono a mancare, tanto importanti quanto la terapia medica. Tanto più che il personale autorizzato all’accesso nella stanza dell’ammalato è poco riconoscibile perché indossa maschere di protezione che rendono visibili solo occhi e bocca”. All’uscita dall’ospedale la battaglia continua, ancora una volta sul doppio versante medico e psicologico. “I primi interventi da fare dopo il ricovero sono finalizzati alla cura delle cicatrici, con continui massaggi e fisioterapia che hanno l’obiettivo di ammorbidirle e appiattirle. Interventi numerosi che, per quanto benefici, possono stressare un corpo e una mente già provati. In questo campo è necessario innanzitutto informare e sfatare false credenze per cui le cicatrici spariranno in breve e tutto tornerà come prima. La verità è un’altra – sottolinea ancora la Pelaia –. Non è detto che esse scompaiano, anzi si deve accettare che, poiché ciascuno cicatrizza in modi e tempi diversi, il segno potrà non sparire mai o addirittura peggiorare negli anni”.
Qual è il contributo che la psicologia può fornire in questi casi? 
“Lo psicologo, in èquipe con gli altri professionisti, lavora sia sull’accettazione dell’ustione, un trauma che irrompe bruscamente nella vita dell’individuo, che dei segni delle cicatrici, entrambi eventi che modificano in modo permanente l’immagine di sé e il rapporto con gli altri. Le cicatrici in molti casi allontanano chi le porta, compresi amici e familiari, così che la persona tende a chiudersi in se stessa, con ricadute negative sull’autostima. Un lavoro di accettazione della perdita dell’immagine passata porterà a ricostruire una nuova identità che connetta la visione di sé passata e presente verso un futuro di progetti e aspettative, superando ansie e depressioni per un passato che non può tornare”.

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