pagina 5 - sanità
Alzheimer? L’ambulanza non può intervenire
di Alessandra Ferraro –

Nervosismo, agitazione sino a veri e propri comportamenti violenti. Per l’anziana moglie che assiste da anni il marito affetto d’Alzheimer, questa volta, è impossibile gestire l’irascibilità dell’uomo che sbraita e tira calci e pugni a chiunque si avvicini. Disperata e sperduta alza il telefono e, con la mano che trema dall’angoscia, compone il 118. Ma la risposta non è quella sperata: “Per i malati di Alzheimer, l’ambulanza non può intervenire”.
Un caso? Non proprio. “Il 118 interviene nei casi in cui il malato è in pericolo di vita o, comunque, presenta una problematica acuta di salute come può essere un attacco di cuore, uno shock emorragico, una crisi respiratoria – sottolinea Fabio Genco, responsabile della centrale operativa del 118 di Palermo -. Per quanto riguarda gli attacchi di aggressività, che rientrano nei casi psicologici, – sottolinea Genco - la chiamata viene generalmente dirottata ai Centri di salute mentale dell’Asp che possono decidere per un Tso (Trattamento sanitario obbligatorio). Altrimenti ad occuparsene sono le guardie mediche o i medici di famiglia”. Ma la malattia non aspetta i tempi burocratici. La necessità di cure quotidiane e la difficoltà di decidere verso quale struttura indirizzare il malato possono essere difficili da affrontare per i familiari, già così duramente provati.
“Il malato di Alzheimer paga due volte per la sua malattia – spiega lo psichiatra Toti Varia, responsabile del dipartimento di Salute mentale dell’Asp di Palermo e autore del manuale “Le demenze e la malattia di Alzheimer”. Questa è una consuetudine d’intervento che si basa su una scarsa conoscenza del malato di Alzheimer e su un pregiudizio che deve essere scardinato. Il disturbo comportamentale fa parte della malattia. La difficoltà di comunicazione può, infatti, generare delle reazioni aggressive. Io mi domando: se il malato non riesce a comunicare il suo malessere a chi gli sta intorno, come si fa a decretare a priori che dietro un attacco di aggressività ci sia una turbe psichica e non, per esempio, un dolore da trauma? Sappiamo, infatti, che uno dei sintomi della malattia è la perdita del coordinamento del movimento che comporta pericolose cadute”. 
Sarebbe importante, allora, realizzare una rete di assistenza domiciliare. Rete attualmente assente a Palermo e provincia. Le Unità valutative Alzheimer presenti sul territorio, le cosiddette Uva (otto a Palermo, una a Corleone e una a Cefalù), si occupano di inserire il malato in un percorso di assistenza ambulatoriale che, però, può durare dai quattro ai sei anni circa. Quando la malattia si evolve, infatti, non è più possibile per il malato recarsi presso i centri. Sarebbe opportuno, allora, per i pazienti essere assistiti a casa. Ma per attuare questo progetto è necessario un incremento del personale, in questo momento esiguo.

progetto  e realizzazione edizioni edizioni nell'attesa s.a.s. - © tutti i diritti riservati