Indennità

Indennità di maternità può essere concessa anche se è maturata in altri Paesi europei

La Corte di Giustizia europea ha riconosciuto che uno Stato membro non può rifiutarsi di corrispondere ad una lavoratrice l’indennità di maternità che aveva maturato secondo la legge del proprio Paese europeo d’origine. Il giudizio ha posto termine ad una controversia nata tra una cittadina belga e l’Istituto nazionale di assicurazione malattia-invalidità, da un lato, e l’Unione nazionale delle mutue autonome, dall’altro. Queste ultime le avevano negato il versamento dell’indennità di maternità per non avere maturato il periodo contributivo minimo previsto dal diritto belga (sei mesi) riguardo l’ultima attività dalla stessa esercitata. La lavoratrice è una dipendente pubblica che aveva ottenuto una messa in aspettativa per motivi personali per esercitare un’attività lavorativa subordinata di natura privata. Secondo l’Unione nazionale delle mutue autonome, la lavoratrice non aveva conseguito con quest’attività il periodo contributivo minimo previsto per fruire del predetto beneficio. In realtà, questa lavoratrice aveva lavorato, prima della data presunta del parto, per più di dodici mesi ininterrottamente che è il periodo richiesto, affinché gli Stati membri possano stabilire la fruizione dell’indennità di maternità. Perciò, uno Stato ospitante la lavoratrice non può non tenere conto del periodo lavorativo concretamente svolto dalla lavoratrice, anche in precedenza.
Questo giudizio porta avanti un’effettiva garanzia dei diritti sociali tutelati dalla direttiva e del perseguimento del suo scopo. Quest’ultimo mira a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, tenendo conto del carattere sostanziale e non formale del «periodo di lavoro preliminare» esercitato.
Questa è la condizione essenziale per fruire del congedo di maternità di almeno quattordici settimane ininterrotte, ripartite prima e/o dopo il parto. Secondo la Corte «tali periodi di lavoro devono essere intesi nel senso che essi comprendono i diversi impieghi occupati in successione dalla lavoratrice interessata prima di tale data, ivi inclusi quelli svolti per differenti datori di lavoro e con status diversi.
L’unico requisito previsto da tale disposizione è che la persona interessata abbia esercitato uno o più lavori durante il periodo richiesto dal diritto nazionale per avere diritto all’indennità di maternità, in applicazione della predetta direttiva». Tale disposizione, peraltro, non poteva svilupparsi diversamente, poiché una soluzione diversa avrebbe potuto creare delle diversità di trattamento all’interno dell’ordinamento nazionale.
Ciò è inapplicabile, poiché esistono già delle apposite dispense dal contributo minimo per il dipendente pubblico dimissionario e per quello licenziato.

Francesco Sanfilippo

di Redazione

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