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Stili di vita “allergici” per la salute dei bambini

Negli anni ’80 e ’90 i casi di allergie fra i bambini si attestavano intorno al 7% della popolazione. Ai giorni nostri la percentuale è più che raddoppiata. E nel 2020 si calcola che, in Sicilia come nel resto del mondo occidentale, un bimbo su due soffrirà di riniti allergiche, asma bronchiali, dermatiti atopiche e da contatto, shock anafilattici.

Tra le cause, oltre alla predisposizione genetica, va innanzitutto inserito il diverso stile di vita rispetto al passato. Uno stile di vita caratterizzato da eccessiva igiene personale, ridotto numero dei componenti familiari, contatto con alimenti esotici e quindi allergeni nuovi per il nostro sistema immunitario.

Di questo si è discusso nel corso della prima delle DUE giornate dell’Allergy Forum 2014, il congresso, in corso di svolgimento all’Hotel Splendid La Torre di Palermo, che coinvolge medici, infermieri e pazienti. L’obiettivo è attivare un percorso di approfondimento delle tematiche atopiche e respiratorie, per contribuire a ridurre il distacco tra linee guida e pratica clinica, tra ospedale e territorio, medico e paziente.

“Cinquant’anni fa i bambini giocavano all’aperto e non c’erano tante delle norme di sicurezza che oggi impediscono il consumo di cibi non perfettamente conservati – spiega l’allergologo e pneumologo Giuseppe Valenti -. Oggi i nostri ragazzi vivono una vita più sterile, trascorrono la maggior parte del tempo al chiuso e la loro flora batterica intestinale è cambiata. Così il sistema immunitario ‘impazzisce’ più facilmente”.

Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha dimostrato come i bambini cresciuti in fattoria abbiano una probabilità di asma e allergie molto inferiore rispetto ai bimbi che vivono in città. Il motivo sta tutto nel contatto con un gran numero di bacilli durante l’infanzia. Perché il sistema immunitario, impegnato a combattere contro i germi dell’ambiente, non si ‘distrae’ e non punta la sua risposta contro sostanze innocue, come invece accade nell’allergico.

L’inquinamento accelera e acuisce i fattori di rischio. Uno studio italiano, ad esempio, ha mostrato che negli ultimi 27 anni la stagione di pollinazione della parietaria si è allungata di 100 giorni. La colpa è dell’effetto serra, cui contribuisce in larga parte l’anidride carbonica prodotta dalle attività umane: il riscaldamento globale aumenta la liberazione dei pollini allergizzanti e allunga la stagione degli starnuti.

Infine il traffico automobilistico, con le sue emissioni gassose (biossido di azoto ed ozono che da esso deriva) e particolate (polveri inalabili) costituisce attualmente il maggior contributo all’inquinamento atmosferico delle città. Vivere in prossimità di strade con alto livello di traffico automobilistico favorisce l’insorgenza di patologie respiratorie e l’aggravamento di patologie preesistenti, prevalentemente ostruttive.

“In conclusione, si intuisce che senza adeguate misure come la limitazione del traffico privato nelle città – spiega Valenti – il potenziamento del trasporto pubblico e l’espansione del verde pubblico, ottenibile piantando soprattutto alberi non allergenici nei contesti urbani, non si ridurrà l’inquinamento delle città. In questo contesto lo pneumologo, l’allergologo e le associazioni dei pazienti possono svolgere un ruolo importante anche sociale nella sensibilizzazione alla prevenzione ambientale”.
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