psoriasi

La “malattia psoriasica”… non solo pelle


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La psoriasi è una malattia cutanea a decorso cronico recidivante che si presenta con una morfologia clinica polimorfa, colpisce fino al 3% della popolazione generale e può insorgere a qualunque età.

La forma più frequente è la psoriasi volgare (90% dei casi), caratterizzata dalle tipiche lesioni eritemato-squamose in sedi particolari: cuoio capelluto, regione sacrale, gomiti, ginocchia.

Le lesioni possono assumere dimensioni diverse per cui distinguiamo diverse varianti: psoriasi puntata, guttata, nummulare, a placche.

Esistono poi la cosiddetta “psoriasi inversa”, che si localizza a livello delle pieghe (generalmente ascellare o inguinale), la psoriasi pustolosa (rara) e la grave forma eritrodermica (rarissima).

L’eziologia della psoriasi è ancora sconosciuta, anche se sono stati identificati numerosi fattori scatenanti come quelli traumatici, infettivi e psicosomatici, ma la patogenesi è di tipo autoimmune.

Se è vero che la psoriasi è una malattia molto nota e conosciuta anche dai non addetti ai lavori, molto meno nota è la sua frequente associazione con una malattia infiammatoria cronica articolare, definita artrite psoriasica.

In realtà, la separazione tra malattia cutanea e malattia articolare è del tutto artificiosa, poiché si tratta di rovesci della stessa medaglia, tanto che è stato osservato dalla comunità scientifica che sarebbe più appropriato parlare di “malattia psoriasica” piuttosto che di psoriasi e artrite psoriasica.

La prima associazione tra psoriasi e artrite fu descritta da Alibert nel 1850, ma, fino alla prima metà del XX secolo, l’artrite psoriasica venne considerata una variante di artrite reumatoide.

Soltanto nel 1964 fu descritta come entità nosografica a sé stante e nel 1973 Moll e Wright definirono i primi criteri classificativi della malattia.

L’artrite psoriasica è inquadrata tra le spondiloartriti, gruppo di malattie reumatologiche comprendenti anche la spondilite anchilosante e caratterizzate dal punto di vista anatomico dal coinvolgimento delle entesi, strutture d’inserzione ossea di tendini, legamenti e capsule articolari.

Nella maggior parte dei casi (75%), la psoriasi precede di molti anni i sintomi articolari. Talvolta, questi possono insorgere contemporaneamente alle lesioni cutanee (15% dei casi), mentre l’artropatia compare prima della psoriasi in circa il 10% dei pazienti.

Non vi è una stretta correlazione tra estensione e gravità delle lesioni cutanee e coinvolgimento articolare. Curiosamente, l’onicopatia psoriasica, che si osserva in non oltre il 50% dei pazienti con psoriasi, si riscontra in oltre il 90% dei casi di artrite psoriasica.

Nel complesso circa 1/3 dei pazienti con psoriasi presenta artrite psoriasica. Si tratta pertanto di una malattia reumatologica di frequente riscontro (colpisce oltre lo 0.5% della popolazione generale).

Presso il nostro Centro sono seguiti circa 400 pazienti con tale patologia. La malattia colpisce in ugual misura i due sessi, insorge più frequentemente nella III-IV decade di vita, ma può cominciare a tutte le età.

L’esordio è generalmente insidioso ma può essere acuto in circa 1/3 dei casi.

La malattia è molto eterogenea ed è possibile identificare differenti forme come quelle con prevalente interessamento delle piccole articolazioni di mani e piedi (simil-reumatoidi), quelle di oligoartrite asimmetrica, prevalentemente a carico degli arti inferiori (ginocchia e caviglie) e quelle con prevalente interessamento di rachide e bacino (simil-spondilite).

La diagnosi è spesso difficile, soprattutto nelle forme ad esordio tardivo (con artrosi concomitante), o in assenza di psoriasi clinicamente evidente. In questi casi, si utilizza la presenza di familiarità, in accordo ai più recenti criteri classificativi di malattia del 2006.

La diagnosi precoce si basa sul corretto inquadramento dei sintomi iniziali da parte del medico di medicina generale o del dermatologo e sul precoce invio dei casi sospetti al reumatologo.

La storia naturale della malattia, in assenza di terapia, non è confortante, potendo indurre deformazioni articolari e disabilità. Inoltre, la malattia si associa ad un aumento di mortalità, prevalentemente per cause cardiovascolari.

Eppure la malattia è potenzialmente curabile, a condizione che un’adeguata terapia farmacologica sia iniziata precocemente, prima che compaiano danni articolari strutturali.

La terapia si basa sull’utilizzo dei farmaci tradizionali (methotrexate, ciclosporina, leflunomide), in grado di controllare la maggioranza dei casi, e, a scopo sintomatico, dei farmaci anti-infiammatori non steroidei e del cortisone.

Per il trattamento delle forme più severe e resistenti alle precedenti terapie (circa il 30% dei casi), disponiamo oggi di formidabili armi terapeutiche rappresentate dai farmaci biotecnologici, che agiscono inibendo selettivamente alcune citochine implicate nella patogenesi del danno articolare e cutaneo.

Si tratta dei farmaci ad azione anti-TNFe, più recentemente, ad azione anti-IL23 che sono utilizzati presso il nostro Centro dove circa 150 pazienti sono in trattamento.

Utilizzati in modo appropriato e in mani esperte, garantiscono un adeguato controllo di malattia nella stragrande maggioranza dei pazienti, con un eccellente profilo di tollerabilità. Inoltre, sono estremamente efficaci anche sulle lesioni cutanee.

Dott. Giuseppe Provenzano

Responsabile Centro di Reumatologia, AO Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello
Centro di riferimento per la prescrizione di farmaci biotecnologici e centro di riferimento regionale per le malattie reumatologiche rare dell’adulto

di Redazione

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