L’olio che abitualmente compriamo nei supermercati e che quotidianamente utilizziamo in cucina, non è assolutamente prodotto con olive italiane.
Nonostante la dicitura che compare sulla bottiglia dell’olio “Made in Italy”, di “Italy” c’è solo il 16% delle olive utilizzate, mentre il restante 84% è di provenienza estera (Spagna, Grecia, Turchia, Marocco). Inoltre, l’olio italo-spagnolo, trafficato a prezzo più passo, aggira la qualità del prodotto ed elude le regole sulla concorrenza, ottenendo il marchio made in Italy pur avendo solo il 16% di olio italiano. Lo denuncia il nucleo di intelligence anti frode dell’Agenzia delle Dogane, che dal 2009 al 2013 ha redatto una serie di report che sono stati tutti secretati dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulle contraffazioni.
Come sempre, chi di competenza, chi dovrebbe dare delle risposte preferisce nascondersi e non dare le dovute spiegazioni.
A tal proposito, in questi giorni alla Camera dei Deputati è stato proposto un ordine del giorno ed è in sede di approvazione un disegno di legge, intitolato:
“Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013 bis”. Con questa legge si chiede che venga istituita, presso il Ministero dell’Agricoltura, “una banca dati rappresentativa delle diverse produzioni di oli extra vergini di oliva”. La liberalizzazione dei mercati ha tolto l’imbarazzo nel portare alla portata di tutti i prodotti dei paesi membri, ma non si capisce che deve essere regolamentata un corretta informazione al consumatore. Inoltre, la gravità della questione non è solo di carattere informativo, ma colpisce i produttori italiani, abbassando il prezzo del nostro prodotto che è di qualità superiore.
Ciò porta spesso i nostri produttori a fare scelte poco sane, ovvero a comprare la materia prima a basso prezzo dai Paesi membri, distruggendo la filiera di produzione italiana e producendo un falso made in Italy.
Il prodotto nazionale deve essere tutelato dallo Stato e non possiamo parlare di valorizzare il prodotto interno se non s’impongono delle regole a chi mercanteggia a buon mercato.
Girolamo Calsabianca