scimmie clonate

Dalle scimmie all’uomo, prospettive reali e problemi etici della clonazione


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Zhong Zhong e Hua Hua sono i nomi di due macachi geneticamente identici ottenuti in laboratorio tramite una tecnica di clonazione simile a quella usata per la pecora Dolly nel 1996.

Lo studio, pubblicato su Cell questa settimana descrive ne dettaglio la tecnica utilizzata da un gruppo cinese della Accadmia delle scienze di Shanghai.

Perché è importante. È la prima clonazione di un primate con tecnica di trasferimento di un nucleo di una cellula adulta in una cellula uovo.
I primati sono parenti molto stretti dell’homo sapiens sapiens, la specie alla quale noi apparteniamo, ed è quindi ritenuto un passo verso la possibilità tecnica della clonazione umana.
La sicurezza di questa procedura non è scontata e la salute di Zhong Zhong e Hua Hua dovrà essere strettamente monitorata nel tempo per identificare problemi di salute al momento non prevedibili.
Inoltre la disponibilità di questa tecnica permetterà di comprendere i meccanismi alla base dello sviluppo embrionale dei primati, nonché la possibilità di disporre di modelli genetici per studi preclinici. Ci sono ancora molte questioni tecniche che devono essere accuratamente valutate e questo studio è solo il primo passo. Non vi è dubbio che ora la prospettiva di estendere questa tecnica all’uomo sia più vicina.
I problemi etici. Qualora la clonazione diventasse disponibile per l’uomo, il suo utilizzo sarebbe eticamente molto problematico.

Premetto qui che il clone non è mai una copia identica; al pari due gemelli monozigoti svilupperà differenze dovute a modificazioni epigenetiche e alle esposizioni ambientali e sarà in tutto e per tutto un individuo separato e autonomo. Tuttavia, si potrebbe pensare alla creazione di cloni al solo scopo di produrre organi e tessuti di ricambio.

È una visione distopica (splendidamente dipinta nel libro di Kazuo Ishiguro, Never let me go) e lontana dalla realizzazione, ma viola principi etici robusti e condivisi. Il discrimine tra il tecnicamente fattibile e l’eticamente accettabile deve essere marcato con decisione e non può essere dato per scontato.
Senza ricorrere alla clonazione, infatti, c’è chi tutt’oggi si arroga il diritto su altre vite, come fossero pezzi di ricambio, ricorrendo al traffico illegale d’organi. È tuttavia molto più probabile che, prima ancora di arrivare a cloni di ricambio, la ricerca sulle cellule staminali e la medicina rigenerativa ci permetteranno di produrre tessuti e organi in laboratorio e senza bisogno di passare per un embrione.

In passato si è inoltre discussa la possibilità di utilizzare la clonazione a scopi terapeutici; ritengo che, tecniche di genome editing limiteranno di molto l’utilità teorica della clonazione terapeutica.

Altro problema etico riguarda la liceità della sperimentazione sui primati e sugli uomini. Su questo le posizioni e sensibilità sono drasticamente differenti.

In linea con quanto accade in Europa, penso che la conoscenza sia sempre intrisecamente etica, ma qualsiasi sperimentazione che coinvolga embrioni ed esseri viventi debba essere valutata accuratamente e discussa all’interno di un comitato etico.

È certamente vero che da studi sulla clonazione dei primati possiamo aspettarci informazioni utili sullo sviluppo embrionale con ricadute sulla salute umana, ma dobbiamo sempre chiederci se esistano procedure alternative per arrivare agli stessi risultati.

Infine la clonazione pone il problema del rispetto della diversità genetica, che è il più grande patrimonio delle specie viventi.

È un problema più teorico che un reale rischio pratico perché la variabilità del genoma è guidata a vari livelli e da molteplici forze, ma è un principio che dobbiamo cercare di rispettare perché ci ha accompagnato per milioni di anni di evoluzione e rimane la nostra migliore garanzia per la sopravvivenza su questo pianeta.

Fonte: Huffingtonpost

di Redazione

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