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Le condizioni socio-economiche della Sicilia permangono molto precarie

L’economia siciliana ha vissuto dal 2007 una crisi economica progressiva che ha prosciugato le sue risorse, mentre quelle pubbliche, vero motore di quest’economia, sono state drasticamente ridotte fino all’elemosina. Di fronte a questo, le risorse che alla Sicilia spettavano secondo i pronunciamenti della Corte Costituzionale o dalla Corte di Giustizia europea, come quelle provenienti dalle accise per gli idrocarburi, sono rimaste saldamente nelle mani dello Stato centrale. Ora, vi sono segnali di inversione che, però, non sono sufficienti a cambiare ancora il quadro negativo nel quale ci troviamo secondo i dati presentati nell’ultimo rapporto semestrale della Fondazione Res. Secondo questi dati, il 2014 sarebbe l’anno finale della recessione partita nel 2007, durante il quale il Prodotto lordo è caduto del 13%, del valore aggiunto industriale del 7%, delle costruzioni dell’11%, dei servizi del 14%. Soprattutto, si è assistito ad un crollo del 41% degli investimenti in macchinari e in attrezzature, mentre gli investimenti in costruzioni sono crollati del 19%, provocando la chiusura di quasi 25 mila imprese attive. A questo quadro, è seguito un panorama sociale caratterizzato da forti aumenti della disoccupazione e della povertà, ai massimi rispetto ai valori nazionali. Di fronte a questo contesto non certo ottimista, esistono dei segni di parziale inversione di tendenza, per cui si sta delineando una debole ripresa della domanda, soprattutto nella componente interna (consumi privati) e, in misura minore, nelle esportazioni, che hanno segnalato una parziale battuta d’arresto nel 2014. Le indagini Istat sulla povertà mostrano una Sicilia al primo posto tra le regioni italiane per stato di deprivazione, che vede oltre 1 milione e 71 mila famiglie vivere in povertà. Anche l’incidenza della povertà assoluta è accresciuta in tutto il Paese e in particolare in Sicilia, coinvolgendo, nel 2013, circa 320 mila famiglie, più di 800 mila persone. Di contro, è aumentata la concentrazione della ricchezza e del benessere in poche mani costituisce uno dei fenomeni socio-economici più preoccupanti della crisi, mentre il disagio sociale si amplia. L’andamento dei consumi privati ne risente fortemente, con una diffusa debolezza sul versante dei consumi di massa che non siano quelli primari, mentre i consumi pubblici, d’altra parte, conservano una tendenza flessiva che influenza il ciclo economico in modo negativo. Per quanto riguarda il settore dell’offerta, il processo di selezione industriale e produttiva già individuato nei precedenti rapporti continua a evolversi. Accanto alla crisi diffusa delle produzioni più tradizionali e marginali, è presente una manifattura competitiva in crescita. L’edilizia non è più, però, un settore trainante, ma gli indicatori economici del settore sembrano anticipare una progressiva ripresa, dopo lunghi anni di rallentamento accompagnati da processi di ammodernamento tecnico e strumentale. Al contrario, l’agricoltura resiste, conservando i livelli degli ultimi anni sul versante produttivo, ma allo stesso tempo continua a segnalare un’acuta crisi occupazionale. I livelli occupazionali sono quelli che hanno sofferto di più e continuano a dare segnali negativi, poiché riflettono fortemente l’assenza di crescita, soprattutto nella rilevazione Istat che si riferisce al terzo trimestre 2014. Per il 2015, le stime Res preavvisano come media annua un ulteriore peggioramento della situazione occupazionale, con un tasso di disoccupazione massimo che dovrebbe confermarsi al 23%, per poi iniziare a scendere lentamente dal 2016. Fra le famiglie siciliane la crisi ha generato comportamenti di tipo adattivo, poiché le attese ostinatamente negative sull’andamento dell’occupazione e dei redditi hanno provocato un adeguamento e una razionalizzazione nei pacchetti di spesa. Questo processo è stato favorito, in parte, dalla crescita modesta dei prezzi al dettaglio, ai minimi nazionali. Ciò ha contribuito ad arrestare la tendenza negativa degli ultimi anni, per cui l’andamento dei consumi privati si è stabilizzato nel 2014, ma gli indicatori hanno comunque conservato livelli minimi. Il processo di razionalizzazione degli acquisti delle famiglie sembra prendere diverse vie. Infatti, da un lato, si assiste al naturale soddisfacimento dei bisogni primari che si manifesta, innanzi tutto, in una ripresa dei consumi alimentari, che pesano per il 18,4% sulla spesa complessiva 2014, insieme a quelle per vestiario e per le calzature che si aggirano intorno al 9,1%. Dall’altro, si manifesta un incremento “forzato” della spesa nei trasporti, nella sanità e nelle comunicazioni, a fronte di una limitazione della spesa per l’abitazione e per le utenze domestiche ferme al 23,6%. Al contrario, le spese per alberghi e ristoranti, per mobilio e arredamento, per ricreazione e cultura e per beni e servizi vari non mostrano segni di cedimento. Ciò indica una reazione nei confronti della crisi, per cui la popolazione vuole mantenere livelli di vita ritenuti più accettabili.

Francesco Sanfilippo

di Francesco Sanfilippo

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