Addominali

Core stability ovvero l’organizzazione funzionale della muscolatura addominale

Oggi, nel mondo del fitness ma anche in ambito terapeutico e sportivo, si sente parlare moltissimo di “core stability”. Però, c’è moltissima confusione, poiché la parola” Core”, di solito, nell’ambito dell’allenamento è collegata non solo dall’utente medio, ma molto spesso dall’istruttore di turno al potenziamento della muscolatura addominale (crunch oblique crunch, sit-up tartaruga). La parola “Core” anzi “Core Region” in questo contesto, identifica tutta la fascia centrale del corpo umano che include anche il complesso coxo-lombo-pelvico in cui la muscolatura addominale è solo l’elemento primario. C’è, quindi, una bella differenza tra l’allenare la regione del Core e preparare semplicemente gli addominali. La muscolatura del core, lavorando in modo tridimensionale e intersecando tutti i piani di movimento guida, controlla la maggior parte dei nostri gesti quotidiani (camminare, salire e scendere le scale, alzare le, correre, calciare, lanciare ecc.). Collocato fra due distretti il torace e il bacino, è l’elemento di trasmissione e di adattamento per le forze discendenti attraverso il passaggio dorso-lombare, e per le forze ascendenti attraverso la cerniera lombo-sacrale. Un core debole e poco efficienze non solo è causa di lombagie, disordini posturali, problematiche articolari, ma influisce negativamente sulla performance di un atleta. Il termine core, che letteralmente significa nucleo centro, è stato usato per la prima volta nel 1982 da Bob Gajda e Robert Dominguez in un loro libro. La funzione primaria del core è di “stabilizzare” il corpo umano sia durante azioni statiche, sia durante quelle dinamiche. Esso rappresenta il punto stabile per tutto il corpo, la fonte primaria nella generazione di tutti i movimenti, lo snodo attraverso il quale si trasmettono tutte le forze organizzatrici del corpo. È l’elemento chiave nel trasferire e assorbire le forze del peso corporeo nella statica e nella dinamica. I muscoli del”core”, quindi, stabilizzano il torace, il bacino e la colonna lombare durante i movimenti degli arti e della testa, mantengono i corretti equilibri durante tutte le attività funzionali, intervengono nella respirazione nella tosse e quando si eseguono sforzi. Contribuiscono anche allo schema normale della deambulazione, e si contraggono per proteggere la colonna vertebrale durante le attività di sollevamento. È importante anche la core strenght che è “l’abilità di controllare la posizione e il movimento del tronco sopra il bacino per permettere un ottimale produzione, trasferimento e controllo di forze e movimento ai segmenti distali in attività atletiche integrate” (Kibler 2006). Un altro aspetto non meno importante è il core training che abbraccia tutte quelle attività che sollecitano e che ottimizzano l’efficienza dei muscoli del core. Il risultato funzionale di un ottimale “Core Stability” è la capacità di operare un adeguato controllo motorio nel mantenere una tenuta stabile nello svolgimento delle attività quotidiane, e nel gesto sportivo e riabilitativo. Sul piano funzionale i muscoli del core sono organizzati secondo un modello circolare a strati concentrici. Il più profondo forma l’unità interna di stabilizzazione, mentre il più superficiale forma l’unità esterna di stabilizzazione. I muscoli dell’unità interna di stabilizzazione sono il muscolo diaframma, i muscoli del pavimento pelvico, il muscolo trasverso dell’addome e quello multifido profondo. Questi muscoli formano un contenitore (Lee) la cui pressione interna è mantenuta dalla loro contrazione. Quest’unità interna può essere considerata come un corsetto interno, il cui muscolo chiave è il traverso addominale. L’attività dell’unità interna è concentrica isometrica ed è indipendente dalla direzione del movimento. I muscoli dell’unità esterna di stabilizzazione sono quello obliquo interno, quello obliquo esterno, il quadrato dei lombi, il muscolo multifido superficiale, quello iliaco, lo strato profondo del g. gluteo, lo strato profondo dello psoas. L’unità esterna di stabilizzazione genera il movimento, garantisce il controllo eccentrico. La sua attività non è continua ma dipende dalla direzione del movimento. I muscoli dell’unità esterna lavorano in concerto con i muscoli dell’unità interna e con tutto il sistema fasciale. Il problema principale, quindi, nella protezione della nostra colonna vertebrale non è legato alla forza muscolare ma piuttosto alla sua organizzazione neuromotoria l’obiettivo non è il rinforzo muscolare ma il “rinforzo” della funzione nella sua globalità. Da una parte le alterazioni di movimento possono derivare dall’incapacità funzionale del core, dall’altra, le alterazioni posturali, le posture scorrette, gli schemi anomali di movimento, le distonie muscolari, l’abuso e il non uso della muscolatura le posture antalgiche possono causare cambiamenti nel reclutamento muscolare e determinare il fallimento del sistema stabilizzatore. Quando i muscoli dell’unità interna non si attivano più correttamente, la stabilizzazione e la trasmissione delle forze sulla/attraverso la colonna e le pelvi, viene garantita dai muscoli della unità esterna. I muscoli dell’unità esterna, però, sono meno adatti a svolgere il compito richiesto, tendono ad affaticarsi precocemente, comportano un controllo meno fine e preciso e provocano stress eccessivi sulle strutture sottostanti che nel tempo possono essere soggette ad alterazioni degenerative vere e proprie.
Cholewicki (2002) ha evidenziato una latenza nella risposta stabilizzatrice del tronco persino in atleti che sono tornati alla piena attività, confermando quanto già emerso in lavori analoghi (Roy, 1989; White, 1996). Da questi studi si evince la possibilità del sistema muscoloscheletrico di espletare performance elevate, sopperendo al deficit funzionale specifico degli stabilizzatori locali tramite l’utilizzo della muscolatura più superficiale.
Il disequilibrio tra stabilizzatori interni ed esterni può essere alla base di dolori che si manifestano quando la performance è terminata, dopo alcune ore o il giorno successivo. Il deficit degli stabilizzatori locali potrebbe spiegare anche la presenza, in soggetti non allenati, della continua dolenzia nelle comuni attività della vita quotidiana, dell’insorgere di dolore acuto senza sforzi apparenti e del il perpetuarsi delle recidive.

Lidia Mazzola
Chinesiologo UNC CTF
a norma Tecnica UNI11475

di Lidia Mazzola - Chinesiologo UNC

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