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I primordi dell’Arte medica nell’antica Babilonia


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Quanto più si risale verso le origini della storia dell’umanità, tanto più ci si rende conto, con abbondanza di documentazione, del fatto che l’uomo ha sempre cercato di migliorare le sue condizioni originarie.
Da qui, fin dall’alba dei tempi, risiede l’importanza essenziale della medicina in tutte le sue forme.
Se la medicina rappresenta il primo e più possente mezzo d’intervento dell’uomo nei confronti delle sue condizioni vulnerabili ma suscettibili di miglioramento, l’arte rappresenta il mezzo per esprimere la condizione dell’uomo. Inoltre, definisce i legami con la fatalità alla quale intende sottomettersi o combattere sia per esorcismo o spirito di rivolta.
Era quindi inevitabile che fin dalle origini s’instaurasse un rapporto strettissimo fra medicina e arte.
Le testimonianze della medicina primitiva sono raffigurate in alcune grotte preistoriche sotto l’aspetto di figurazioni rituali o propiziatorie. Alcune centinaia di secoli dopo i marmi greci e taluni ritratti moderni (veri e propri documenti patologici) ripropongono in chiave figurativa i cardini della medicina costituiti dall’esame, dalla diagnosi e dalla cura.
Sarebbe lungo elencare nel corso dei secoli i legami riproposti fra arte e medicina e sarebbe pura follia intraprenderne un’analisi completa o la semplice enumerazione. Ci limiteremo a trattare della medicina babilonese (per intenderci dal punto di vista geografico, quella regione che prende il nome di Mesopotamia) solo per comodità di esposizione.
Nel 1850 a.C. Babilonia divenne il centro di un impero vasto e possente che raggiunse l’apogeo sotto il regno di Hammurabi (1728-1686 a.C.), riformatore e legislatore celebre, il cui Codice conteneva capitoli ben distinti dedicati alla medicina.
I decreti di Hammurabi, che fissavano l’ammontare degli onorari medici in caso di riuscita e ordinavano punizioni severissime in caso di insuccesso, divennero celebri.
Si affermava fra l’altro che “ nel caso in cui un medico, che abbia intrapreso con l’ausilio di un coltello di bronzo un’operazione grave, abbia guarito il suo paziente, oppure essendo riuscita l’operazione della cataratta, abbia salvato l’occhio del paziente, avrà diritto a 10 monete d’argento”. Si trattava di onorari principeschi per quel tempo ma che trovano riscontro allo stato attuale anche presso strutture private del nostro paese (n.d.r.).
Vi si affermava pure, e questo è il terribile rovescio della medaglia che “se eseguendo un’operazione su un malato, il medico dovesse ferirlo mortalmente o gli facesse perdere un occhio nel tentativo di estirpare un tumore, gli si dovranno tagliare le mani!”.
Come si può dedurre i casi di malasanità erano presenti anche allora. Infine, a Babilonia l’esame del fegato degli animali rivestì un’importanza assai particolare nel campo delle predizioni, e lo stesso doveva avvenire in seguito presso numerosi altri popoli mediterranei fra i quali gli Etruschi e i Romani.
L’esame particolareggiato del volume e dell’aspetto del fegato di un montone (le basi della moderna autopsia erano state gettate), ad esempio, serviva per la formulazione della diagnosi e di oroscopi complicati.
Il celebre modello di terracotta del fegato di un montone sacrificato per scopi divinatori che si trova al British Museum di Londra, con incise a caratteri cuneiformi le spiegazioni interpretative, serviva all’istruzione dei futuri sacerdoti medici.
Non sembra che si possa parlare di medici laici, perché altrimenti non sarebbe comprensibile quanto riferito dallo storico greco Erodoto (490-420 a.C.) “poiché non vi erano medici, trasportavano i loro ammalati al mercato.
Tutte le persone colpite dallo stesso morbo del malato, oppure a conoscenza di altre egualmente colpite, si avvicinavano al malato stesso per dargli un consiglio.
S’intrecciava una conversazione e coloro che avevano riacquistato la salute raccomandavano al malato i rimedi con i quali erano guariti, sia quelli personalmente sperimentati sia i farmaci usati dai loro amici (pratica attualmente in uso ai giorni nostri).
Nessuno poi aveva il diritto di passare dinnanzi al paziente, senza chiedergli da che male era stato colpito….”.
In questo modo la scienza medica babilonese contrapponeva i primi elementi di una interpretazione scientifica delle malattie a procedimenti magici.
Proprio entro l’impero Babilonese per la prima volta s’iniziò la rilevazione dei sintomi delle malattie.
Si stabili per esempio in questo modo, una correlazione fra colorazione gialla della congiuntiva (ittero) e la malattia del fegato. Si continuava però a praticare l’esorcismo contro i demoni (si riteneva, infatti, che gli spiriti dei defunti i quali non avessero assolto i loro compiti durante l’esistenza si potessero trasformare in demoni), parallelamente alla metodologia sistematica dell’astronomia e dell’astrologia in medicina.
Non aveva ancora preso la forma della professione del medico propriamente detto che incontreremo per la prima volta e nella sua massima espressione nell’antico Egitto.

Dott. Ennio Sacco
Medico chirurgo

di Dott. Ennio Sacco - Medico-Chirurgo

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