diabete-glicemia
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Il diabete, un principe delle patologie croniche dalle molteplici facce

Il diabete è una malattia cronica subdola, dall’azione silente e devastante, la cui espansione è provocata da stili di vita scorretti. Secondo un’indagine, intitolata “Il sapore amaro del diabete” e promossa da AstraZeneca e realizzata da Doxa Pharma, 3 italiani muoiono ogni ora per cause riconducibili al diabete. Si è davanti ad un’epidemia globale che interessa 4 milioni di connazionali e 382 milioni di persone nel mondo. Questa patologia è vissuta dal 60% dei diabetici italiani come un peso nelle attività di ogni giorno e come fonte di grande imbarazzo in un caso su tre. Al contrario, un italiano su 5 non ne percepisce, la gravità e il suo forte impatto sulla qualità di vita. Inoltre, non mancano molti falsi miti che sono barbicati nella popolazione come quello che, ad esempio, vede più di 1 persona su 2 convinta che chi ha il diabete, mangia troppi dolci. Quest’indagine è stata condotta su un campione di duemila italiani rappresentativi della popolazione maggiorenne, tra cui circa 160 pazienti diabetici. Il diabete ha l’effetto di “amplificare” altri disturbi e malattie e non sorprende che il 55% dei diabetici intervistati soffra di ipertensione e l’11% abbia affrontato un infarto o un ictus (contro percentuali che si fermano rispettivamente al 17% e all’1% nei non-diabetici). L’effetto “amplificatore” del diabete si conferma anche per le malattie reumatiche come l’artrite o l’artrosi (39% vs 17%), l’asma (27% vs 11%), la bronchite cronica (20% vs 6%) e perfino il tumore (4% vs2%). È sorprendente, invece, che un diabetico su 4 si senta depresso, con un’incidenza più che raddoppiata rispetto alla popolazione generale (11%). Questo legame a doppio filo con il “male oscuro” è frutto del condizionamento che il diabete ha sulla vita di tutti i giorni. Infatti, quasi 3 pazienti su 4 (il 71%) considerano il diabete un “peso quotidiano” a causa delle regole e delle scadenze che la terapia impone (alimentazione, attività fisica, farmaci). Tuttavia, dall’indagine emerge anche che vi sono 2 percezioni differenti e opposte della malattia. Per chi convive ogni giorno questa malattia, si tratta di una condizione imbarazzante, tanto che il 42% si vergogna molto a iniettarsi l’insulina in pubblico e il 33% anche a misurarsi la glicemia, motivo per il quale si cerca spesso un luogo appartato per non disturbare gli altri (36%). Inoltre, i pazienti soffrono molto a causa delle continue rinunce che la malattia implica (16%) e, per un diabetico su 4, i sacrifici a tavola pesano molto e spesso anche il dover rinunciare al ristorante (16%), mentre il 14% crede di essere una zavorra per famigliari, il 13% amici e l’11% colleghi. La percezione della malattia cambia radicalmente tra i non-diabetici, poiché, da un lato, gli italiani sottovalutano l’impatto della malattia sulla qualità di vita, dall’altro, gli stessi demoliscono lo “stigma diabete”, rivelando come spesso si tratti di un “auto-stigma”. Ad esempio, il 47% non si accorge di come il diabete comporti continue rinunce, il 55% non da’ peso ai sacrifici alimentari, il 63% non crede che possa impattare sul lavoro e il 71% non pensa che il diabete rovini le feste. Non a caso, più di una persona su 3 non percepisce il diabetico come un “peso” e il 55% non è infastidito da una misurazione in pubblico della glicemia. A questo punto, viene da chiedersi con quale immagine i diabetici raffigurano la propria malattia. I pazienti, usando un animale come metafora, non hanno mostrato dubbi, secondo lo studio, e il 60% associa il diabete a un serpente. Non è un caso se si pensa che l’aggettivo più utilizzato per descrivere la malattia, da un paziente su 4, è proprio “subdolo”. Le altre figure che emergono nell’immaginario dei pazienti, sono quella del topo per il 15%, che richiama il carattere sgusciante/asintomatico del diabete, e dell’elefante per l’11%, che sottolinea quanto sia una condizione ingombrante e difficile da gestire. La grande maggioranza degli italiani non diabetici, 1 su 3, invece, lo considera “affrontabile” e appena il 12% lo ritiene “invalidante”, percependo, quindi, in maniera opposta questa patologia rispetto a chi ne soffre.
Francesco Sanfilippo

di Francesco Sanfilippo

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