DEPRESSIONE-ANZIANI

La depressione negli anziani, un circolo vizioso dal quale non si esce facilmente

La depressione è una delle malattie più subdole, poiché colpisce la nostra mente, levandoci ogni volontà d’azione. È un disturbo diffuso, ma le ricerche degli ultimi decenni permettono di contrastare gli stati depressivi prima che cronicizzino. Molto dipende dalle cure integrate e dalla tempestività dell’intervento, ma le cure odierne consentono di recuperare i pazienti con maggiore efficacia rispetto al passato.
Nel 1999, nella Rivista di Medicina Generale degli Stati Uniti, veniva pubblicato il primo rapporto sulla Salute Mentale dal Dr. David Satcher, Le sue conclusioni sono state ampiamente condivise anche da esperti in Europa, confermando che i disturbi mentali, come la depressione, sono vere malattie. In poco tempo, la parola depressione prende il posto del vecchio contenitore di malesseri ”Esaurimento Nervoso” o isteria Patologica, ecc. ecc. Deprimersi non è difficile, ma curarsi sì. La depressione ha una diffusione sociale sconosciuta, d’impatto statistico altissimo, e i problemi per fronteggiarla sono diversi e complessi da risolvere. Le cure sono efficaci, solo se si attiva attorno al paziente un mix di collaborazioni cliniche, sociali e familiari. Il medico di base è un sostegno ma aiuti preziosi possono venire dal mondo del volontariato e dai servizi che i comuni attivano con i piani di zona e che sono un completamento della presa in carico globale del paziente. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione è seconda solo alle malattie di cuore quale causa di invalidità e affligge persone di qualsiasi età e sesso. La depressione è più diffusa nella popolazione nata dopo la guerra rispetto a quella precedente. Sfortunatamente, meno di un terzo delle persone che ne soffrono, fanno ricorso alle cure. Tuttavia l’aspetto positivo è che le cure sono efficaci e molteplici. I risultati di nuove ricerche aprono persino la strada a cure preventive diagnosticando il disturbo nelle fasi iniziali e individuando le persone ad alto rischio di contrarre la malattia. Tutti noi ci possiamo sentire tristi a volte, tuttavia la depressione è una cosa seria. Questa malattia a volte denominata Depressione Maggiore è un disturbo biologico del cervello che influenza il modo di pensare, i sentimenti, i comportamenti e la salute. Si tratta di un disturbo affettivo il che significa che provoca cambiamenti dell’umore delle persone depresse. Quando le persone si lamentano di sentirsi brutti, non hanno più interessi o non provano piacere nelle cose, soffrono di insonnia, mancanza di energia, mancanza di appetito o difficoltà di concentrazione è possibile la presenza della depressione. La depressione nelle sue molteplici manifestazioni colpisce circa il 20% delle persone di età superiore a 65 anni (secondo dati statistici degli USA). La maggior parte delle persone anziane depresse hanno già sofferto di episodi analoghi durante lunghi periodi della loro vita. Per altri, la depressione si manifesta in età avanzata anche ad 80 o 90 anni. La depressione negli anziani è strettamente associata alla mancanza di autonomia e all’invalidità e causa grandi sofferenze alle persone ed ai loro famigliari. Molti anziani pensano che la depressione sia un’imperfezione del carattere e temono di essere stigmatizzati, così finiscono con il biasimare se stessi e si vergognano a chiedere aiuto. Altri temono che le cure siano troppo costose. Sono diverse le figure che a vario titolo sono coinvolte nella cura dei pazienti quali medico di famiglia, il neurologo, lo psichiatra, lo psicologo, lo psicoterapeuta. I medici di famiglia sono le prime figure professionali a cui, grazie al rapporto di stima e fiducia, il più delle volte pluriennale, di solito si rivolge chi soffre di un disturbo depressivo o ansioso. Il loro compito è di fare una prima valutazione dei sintomi presentati dal paziente. Ne consegue che a volte è lo stesso medico di famiglia a doversi prendere carico anche della terapia di casi gravi onde evitare che il paziente non si curi, andando incontro a cronicizzazione, o finisca per rivolgersi ad ambiti paramedici o parascientifici. Qualche difficoltà in meno può riscontrarla nell’invio al neurologo, più accettato dal paziente , ma questo professionista, però, non è lo specialista della cura dei disturbi depressivi e/o ansiosi. Ciò nonostante il paziente è più disposto a rivolgersi al neurologo perché fa meno paura e perché ritiene sia lo specialista più adeguato per la cura dell’“l’esaurimento nervoso”. Questa categoria è senza alcun fondamento scientifico, ma è stata utilizzata fino a non molto tempo addietro nel linguaggio comune, per fare riferimento a qualunque tipo di disturbo della sfera psichica. In realtà lo specialista che cura depressione e ansia è lo psichiatra, il medico cioè che, dopo la laurea in medicina, ha frequentato un corso di specializzazione di cinque anni per la cura dei disturbi della sfera emotiva. Rivolgersi, però, a tale specialista trova ostacoli a volte insormontabili, poiché, nell’immaginario collettivo è, infatti, vissuto come il “medico dei matti” per cui rivolgersi a lui vuol dire essere matto o essere ritenuto tale. A causa di tale pregiudizio, solo un paziente depresso su quattro consulta lo psichiatra. Tuttavia, grazie all’aumento dei livelli d’informazione, l’attuale situazione è migliorata rispetto a quella di circa 20 anni addietro, quando gli studi più accreditati sull’argomento riferivano di percentuali ancora più basse (uno su cinque).
Dott. Girolamo Calsabianca

di Dott. Girolamo Calsabianca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *